mercoledì 22 ottobre 2014

Ripartizione spese consumo acqua

In mancanza di contatori per ogni singola unità immobiliare, la ripartizione delle spese afferenti la bolletta dell'acqua deve essere effettuata ai sensi dell’art. 1123, comma I, c.c., in base a valori millesimali delle singole proprietà. La delibera assembleare che adotta diverso criterio risulta viziata, per intrinseca irragionevolezza del criterio seguito.
Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 17557 del 01/08/2014

martedì 21 ottobre 2014

Condizionatori facciata decoro architettonico

La Cassazione ha affermato che il condizione posto sulla facciata dell'edificio condominiale costituisce innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120 c.c., anche laddove vi sia autorizzazione in sanatoria alla loro installazione, ogniqualvolta la loro presenza alteri non solo le linee architettoniche  ma si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio.
 Cassazione Civ., Sez. II, sentenza 06/10/2014 n. 20985

mercoledì 15 ottobre 2014

Sottotetto

La seconda Sezione della Corte di Cassazione ha ribadito come la natura del sottotetto di un edificio sia determinata dal titoli e, solo quando questo manchi, questo può ritenersi comune, ove risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune. 
Il sottotetto, invece, deve considerarsi pertinenza esclusiva dell'appartamento sito all'ultimo piano ogniqualvolta assolva alla funzione di isolare e proteggere l'appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall'umidità, tramite la creazione di una camera d'aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo. 
CASS. CIV., SEZ. II, 10/09/2014, N. 19094

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lunedì 13 ottobre 2014

Ciascun condomino può agire a tutela del bene comune

Con la decisione in esame la Corte di Cassazione ha ribadito il principio, già più volte affermato in passato, secondo il quale ciascun condomino può agire a tutela del bene comune.
Richiamando una precedente sentenza (Cass. 06/07/1994 n. 6699), la Corte ha affermato che ciascun condomino convenuto in rivendica può stare autonomamente in giudizio, non occorrendo alcuna integrazione del contraddittorio, salva l'ipotesi che il condomino convenuto eccepisca la titolarità esclusiva del bene stesso, dovendosi in tal caso consentire a tutti gli altri condomini di confutare tale assunto.
Cass. 06/10/2014 n. 20990

martedì 7 ottobre 2014

Infiltrazioni lastrico solare ripartizione oneri risarcitori

In caso di danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare, l’asserita inerzia colpevole del condominio danneggiato non può certo avere esonerato il proprietario esclusivo del lastrico solare dall’obbligo di manutenzione, dovendosi ritenere che, in caso di lastrico solare, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dall’art. 1126 c.c., vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo.
Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 16693 del 22 luglio 2014


lunedì 29 settembre 2014

I divieti previsti nel regolamento condominiale devono essere chiari ed univoci

Lla seconda Sezione della S.C. ha incentrato la sua attenzione sulla natura e sulla funzione del regolamento condominiale, statuendo che i divieti con esso previsti devono essere caratterizzati dalla chiarezza ed univocità.
Nel caso in questione, un condomino di un complesso condominiale (proprietario di un locale ubicato al piano interrato) evocava in giudizio un altro condomino che, a suo avviso, nel destinare a studio medico un appartamento posto al piano superiore aveva violato il regolamento condominiale, che prevedeva il divieto di adibire gli immobile dello stabile ad un uso diverso da quello abitativo. Il Tribunale adito rigettava la domanda sul presupposto dell'assenza di specificità della dedotta previsione del regolamento condominiale, che, perciò, non poteva giustificare l'operatività del prospettato divieto. Il giudice di secondo grado rigettava il gravame e la Corte di cassazione, con la sentenza qui segnalata, confermava la decisione impugnata, siccome conforme a diritto ed adeguatamente motivata in ordine all'interpretazione della discussa clausola regolamentare.
La segnalata sentenza è interessante perché ribadisce l'importante principio secondo cui le clausole dei regolamenti condominiali devono essere improntate al requisito della chiarezza e, quindi, non essere idonee ad indurre interpretazioni equivoche, soprattutto con riferimento alla previsioni di divieti incidenti sulla convivenza condominiale. Pertanto, è stato nuovamente statuito che i divieti ed i limiti di destinazione delle cose di proprietà individuale nel regime condominiale possono essere formulati nei regolamenti sia mediante elencazione delle attività vietate sia mediante riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare: peraltro, specialmente in quest'ultimo caso, tali limiti e divieti, al fine di evitare ogni possibilità di equivoco in una materia che attiene alla compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze. In altri termini, i divieti e le limitazioni di destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, come i vincoli di una determinata destinazione ed il divieto di mutare la originaria destinazione, posti con il regolamento condominiale predisposto dall'originario proprietario ed accettati con l'atto d'acquisto, devono risultare da una volontà chiaramente ed espressamente manifestata nell'atto o da una volontà desumibile, comunque, in modo non equivoco dall'atto stesso, e non è certamente sufficiente, a tal fine, la semplice indicazione di una determinata attuale destinazione delle unità immobiliari medesime, trattandosi di una volontà diretta a restringere facoltà normalmente inerenti alla proprietà esclusiva da parte dei singoli condomini. I divieti e le limitazioni di cui sopra possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare).
Cass. Civ., Sez. VI - 2, Ord., 11 settembre 2014, n. 19229

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venerdì 26 settembre 2014

L'esposizione delle posizione debitoria del condomino negli spazi costituisce violazione della privacy

La disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al d.lgs. n. 196/2003, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell’osservanza dei principi di proporzionalità e di non eccedenza rispetto agli scopi per cui i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all’accesso a terzi estranei al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino. Fermo il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche su propria iniziativa, gli inadempimenti altrui nei confronti della collettività condominiale, l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo partecipante al condominio, risolvendosi nella messa a disposizione di quel dato in favore di una serie indeterminata di persone estranee, costituisce un'indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del codice.
Cass. Civ., Sez. II, n. 186 del 4 gennaio 2011