Con la sentenza depositata lo scorso 12 febbraio la Cassazione, chiamata nuovamente a decidere in tema di rumori condominiale, ha puntualizzato alcuni aspetti innovativi rispetto al passato.
Ci si riferisce, in primis, all'aspetto probatorio ed al ruolo ora assegnato alle dichiarazioni testimoniali. In passato, infatti, la soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose era oggetto di complessi e scrupolosi accertamenti peritali; nella sentenza in oggetto, invece, le dichiarazioni testimoniali assumono nuova rilevanza, al punto che anche solo su di esse diviene possibile fondare il convincimento del giudice, fermo restando l'imprescindibilità di una sua analisi finalizzata a valutare, sia l’attendibilità dei testimoni escussi sia, e ancor di più, la congruità delle dichiarazioni da questi rese rispetto al thema probandum.
Sul punto nella pronuncia in esame si legge, infatti, che "l'entità delle immissioni rumorose e il superamento del limite della normale tollerabilità possa essere oggetto di deposizione testimoniale (anche in relazione agli orari e alle caratteristiche delle immissioni stesse), spettando poi al giudice valutare, oltre l'attendibilità, anche la congruità delle dichiarazioni rese rispetto al thema probandum".
La decisione si rifà ad altra precedente in cui i Giudici di Piazza Cavour avevano affermato che "in tema di immissioni (nella specie di rumori provocati dallo svolgimento di attività sportive), i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 cod. civ. non debbono essere necessariamente di natura tecnica, non venendo in rilievo l'osservanza dei limiti prescritti dalle leggi speciali (in particolare la legge n. 477 del 1995 sul cosiddetto inquinamento acustico) la cui finalità è quella di garantire la tutela di interessi collettivi e non di disciplinare i rapporti di vicinato. Pertanto, è ammissibile la prova testimoniale quando la stessa, avendo ad oggetto fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti, non può ritenersi espressione di giudizi valutativi (come tali vietati ai testi), e ciò tanto più nell'ipotesi in cui - trattandosi di emissioni rumorose discontinue e spontanee - le stesse difficilmente sarebbero riproducibili e verificabili su un piano sperimentale" (Cass. Civ., Sez. II, 31/01/2006, n. 2166).
Raggiunta la prova circa il superamento del limite di tollerabilità delle immissioni rumorose, il risarcimento dei pregiudizi risulta dovuto ai sensi dell'art. 2043 c.c. in virtù del fatto che il danno deve considerarsi in re ipsa e tenuto conto che "il limite della normale tollerabilità delle immissioni ha carattere non assoluto, ma relativo, nel senso che deve essere fissato con riguardo al caso concreto, tenendo conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi, delle attività normalmente svolte, del sistema di vita e delle abitudini delle popolazioni e, con particolare riguardo alle immissioni sonore, occorre fare riferimento alla cosiddetta rumorosità di fondo della zona, e cioè a quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabili, continui e caratteristici del luogo, sui quali s'innestano di volta in volta rumori più intensi prodotti da voci, veicoli ecc.. Il relativo apprezzamento, risolvendosi in un'indagine di fatto, è demandato al giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se correttamente motivato e immune da vizi logici e giuridici" (Cass. Civ. SS.UU. 27/02/2013, n. 4848).
In ragione di quanto detto, colui che sopporta le immissioni rumorose ha diritto al ristoro dei pregiudizi sofferti sino alla completa eliminazione di questi.
Cass. Civ., Sez. II, 12/02/2016, n. 2864