Lla seconda Sezione della S.C. ha incentrato la sua attenzione sulla natura e sulla funzione del regolamento condominiale, statuendo che i divieti con esso previsti devono essere caratterizzati dalla chiarezza ed univocità.
Nel caso in questione, un condomino di un complesso condominiale (proprietario di un locale ubicato al piano interrato) evocava in giudizio un altro condomino che, a suo avviso, nel destinare a studio medico un appartamento posto al piano superiore aveva violato il regolamento condominiale, che prevedeva il divieto di adibire gli immobile dello stabile ad un uso diverso da quello abitativo. Il Tribunale adito rigettava la domanda sul presupposto dell'assenza di specificità della dedotta previsione del regolamento condominiale, che, perciò, non poteva giustificare l'operatività del prospettato divieto. Il giudice di secondo grado rigettava il gravame e la Corte di cassazione, con la sentenza qui segnalata, confermava la decisione impugnata, siccome conforme a diritto ed adeguatamente motivata in ordine all'interpretazione della discussa clausola regolamentare.
La segnalata sentenza è interessante perché ribadisce l'importante principio secondo cui le clausole dei regolamenti condominiali devono essere improntate al requisito della chiarezza e, quindi, non essere idonee ad indurre interpretazioni equivoche, soprattutto con riferimento alla previsioni di divieti incidenti sulla convivenza condominiale. Pertanto, è stato nuovamente statuito che i divieti ed i limiti di destinazione delle cose di proprietà individuale nel regime condominiale possono essere formulati nei regolamenti sia mediante elencazione delle attività vietate sia mediante riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare: peraltro, specialmente in quest'ultimo caso, tali limiti e divieti, al fine di evitare ogni possibilità di equivoco in una materia che attiene alla compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze. In altri termini, i divieti e le limitazioni di destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, come i vincoli di una determinata destinazione ed il divieto di mutare la originaria destinazione, posti con il regolamento condominiale predisposto dall'originario proprietario ed accettati con l'atto d'acquisto, devono risultare da una volontà chiaramente ed espressamente manifestata nell'atto o da una volontà desumibile, comunque, in modo non equivoco dall'atto stesso, e non è certamente sufficiente, a tal fine, la semplice indicazione di una determinata attuale destinazione delle unità immobiliari medesime, trattandosi di una volontà diretta a restringere facoltà normalmente inerenti alla proprietà esclusiva da parte dei singoli condomini. I divieti e le limitazioni di cui sopra possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare).